Pittura della vita – Testo critico di Guglielmo Gigliotti
Pittura della vita
di Guglielmo Gigliotti *
L’arte si impara o la si respira. Giovanna Canevari l’ha respirata da sempre, essendo nata in una casa in cui testimonianze presenti e passate parlavano di questa astratta dimensione che è la traduzione in forme e colori del sentimento della vita. Quindi Giovanna Canevari non si è dovuta chiedere “cos’è l’arte”, perché l’arte era lì, nella casa piene di sculture e dipinti in cui è nata, era nei racconti del padre artista Veniero, e dei familiari che costituiscono la ramificata dinastia dei Canevari nell’arte. Quindi, Giovanna Canevari non ha avuto bisogno di scoprire che non esiste una risposta alla domanda – peraltro antichissima – di cosa sia l’arte, perché l’arte è proprio un respiro. Non respiriamo infatti solo con i polmoni, ma pure con gli occhi: l’artista è colui che inspira guardando le molteplici forme del mondo ed espira riproducendole trasformate da un intento di poesia.
Avviarsi all’arte standovi già immersi, è un privilegio che permette di far aderire il proprio percorso artistico a quello della vita. Non capita infatti sempre che il destino di un artista sia tutt’uno con gli eventi della vita e con i luoghi del loro svolgersi. Il mondo pittorico di Giovanna Canevari, invece, è il riflesso della realtà in cui ha vissuto e vive, delle esperienze trascorse; è il resoconto di uno sviluppo tanto dell’arte quanto dell’anima. La stessa pittura è andata intessendosi con gli stimoli, gli spunti e i risultati di altre discipline artistico-professionali sviluppate negli anni, dalla scenografia teatrale alla decorazione al trompe-l’oeil. Senza la fitta trama di rimandi e reciproci influssi tra tutti i momenti dell’operosità estetica di Giovanna Canevari, è difficile coglierne l’essenza. Ogni sua opera d’arte è infatti multipla, non esiste mai di per sé, ma sempre come nodo di una rete più ampia, come filo di un arazzo più grande.
Da scenografa, ad esempio, Giovanna Canevari vive ogni dipinto come una messa in scena. C’è sempre una sagace regia nella disposizione degli oggetti e degli sfondi. Ogni elemento, enfatizzato da una luce chiara, è se stesso ma anche l’attore di un racconto. Frutta, fiori, tazze, ma soprattutto i libri, “recitano” tutti una loro parte nella scenografia di quella “vita silente” che Giorgio de Chirico scorgeva nelle “nature morte”, tanto da preferire la prima definizione alla seconda. Vivi e silenziosi sono così i riferimenti alle passioni artistiche dell’autrice, con la raffigurazione di libri d’arte antica e moderna; e non meno vivi e silenziosi sono gli omaggi ad opere di altri artisti mediante riproposizione di loro opere. E’ il mondo di Giovanna. Una luce immobile blocca in una dimensione quasi atemporale queste scene, insinuandovi il senso di una danza delle apparenze. Sono immagini dipinte o sognate? Lo sfondo che sovente accompagna queste ambientazioni di oggetti e memorie non aiuta a sciogliere l’arcano. Sembra ispirato alla pittura cubista o futurista (ancora riferimenti storico-artistici), costituito come è da una tessitura di piani scomposti e dinamicamente incastonati. Tra la scena del primo piano e lo sfondo c’è un abile salto non solo linguistico, ma anche spaziale: quello alle spalle degli oggetti è uno spazio mentale, illusoriamente infinito, è una vertigine concettuale, un baratro fuori dal quadro e dentro le pieghe invisibili della vista.
Tra i vertici dell’arte decorativa di Giovanna Canevari ci sono molti lavori di “sfondamento” a trompe-l’oeil di pareti, con raffigurazione di paesaggi e vedute urbane incorniciati da finestre simulate. La sfida prospettica alle tre dimensioni è quindi nelle sue corde da sempre, come la rappresentazione di un mondo che non c’è. Ma l’arte è sempre stato questo, ovvero la possibilità di concepire dimensioni di sola immaginazione, e lì vivere come in un redivivo eden. E’ per questo che l’arte dona benessere, perché è un sogno credibile, una realtà del nostro cervello, e il nostro cervello non mente mai, anche quando mente…
Da sempre impegnata nelle finzione di mondi (eccezionali sono i suoi finti marmi e le sue decorazioni di ambienti a stilemi antichi), Giovanna Canevari sceglie anche per la messa in scena del teatro dei sentimenti e dei ricordi la strategia dell’invenzione onirico-realistica di situazioni, di realtà sognate vivendo, giustapponendo sulla tela, come una tessitrice della psiche, momenti e stili diversi, armonizzati da una libertà oramai del tutto interiorizzata.
Guglielmo Gigliotti
*** Critico d’arte, è docente di ruolo di Storia dell’arte contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli; è redattore
de “ Il Giornale dell’Arte”; ha curato numerose mostre per gallerie private ( tra cui L’Attico di Fabio Sargentini, lo Studio d’Arte Cannaviello, Erica Fiorentini, Arte Contemporanea, Il Segno, Oddi Baglioni) e musei ( tra cui il MACRO di Roma, M.A.X. di Chiasso,Svizzera); ha scritto per numerose testate tra cui “ Terzo occhio”, “Tema celeste”, “Segno”.
Giovanna Canevari