Margarita Kolesnikova

 

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Margarita Kolesnikova nasce a Voronez,in Russia, ove si diploma presso l’Accademia d’ arte.

A 22 anni si trasferisce a Milano, in Italia, e diventa istruttrice di fitness e di diving.

Attualmente vive, lavora e sogna in Egitto, a Sharm el Sheik.

 

Il profondo Mar Rosso di Margot

Margot non ha bisogno di studiare il colore, di osservarlo e catturarlo con le reti della mente. Lo ha dentro di sé, nel profondo del cuore, scolpito in ogni cellula del suo essere, ed è l’emozione per il Bello a farlo scaturire come un’onda, a volte difficile da governare, altre veloce a smorzarsi sul bagnasciuga della tavolozza.

Dipingere il mare sopra e sotto non è una sfida per tutti, è come il nostro animo, non lo si conosce mai abbastanza e si dona per intero soltanto a chi lo rispetta e lo sa ammirare in silenzio nel suo continuo mutare.

Margarita Kolesnikova lo ama a tal punto da farne la propria casa, dopo le molte tappe di un lungo viaggio che l’ha condotta da Voronez, città fluviale della Russia sudoccidentale, a Milano, poi in Sardegna nel Golfo degli Aranci, quindi a esplorare i mari di Cuba, Maldive, Micronesia, Messico, Belize e Sudafrica, e, come finale destinazione, a Sharm el-Sheikh, nella penisola del Sinai, un paradiso per i subacquei di tutto il mondo.

«Questo Mar Rosso mi ammollisce e assidera, come se addosso mi piovesse in stille», dice Marcello nella “Bohème” di Giacomo Puccini, «per vendicarmi affogo un Faraon!». Ma se il pittore nato dalla fantasia di Illica e Giacosa il mare egiziano lo può soltanto immaginare dalla soffitta parigina in cui lavora, al freddo e senza mettere assieme il pranzo con la cena, Margot lo vive quotidianamente grazie alla sua attività di istruttrice subacquea a contatto con una delle barriere coralline più intriganti del pianeta.

Mentre la nuotatrice si immerge, la pittrice vigila e registra ogni sfumatura di blu, le infinite variabili cromatiche di pesci e coralli, la danza della luce tra le onde. Immagazzina e rielabora, pronta a scatenare la fantasia sulla tela, a dare la propria interpretazione di quei sogni a occhi aperti che sono le immersioni in questo mare trasparente e ancora in parte intatto. «A vederlo da dentro, il mondo marino è infinito», ama dire Margarita, e una piccola parte di questa immensità è accolta nelle tele luminose e dinamiche della pittrice di Voronez, che regalano immediatamente un senso di libertà e freschezza.

Margot sta sperimentando il free diving, la discesa sott’acqua senza bombole d’ossigeno, uno sport impegnativo che costringe chi lo pratica a una dura sfida con sé stessi, a una rilettura del proprio io che parte da un assoluto controllo della mente e a una sorta di meditazione involontaria, messa in moto dalle sensazioni provocate dall’apnea. In fondo è quasi come se la pittrice dipingesse già sott’acqua, in uno stato ipnotico, perché nel suo cervello si formano immagini oniriche e difformi, bagliori e tinte straordinarie, visioni di animali marini in continuo movimento, ed è soltanto la mano poi a dar loro forma concreta con un pennello e degli smalti industriali.

Margarita Kolesnikova è figlia d’arte, suo padre è un artista noto in Russia, pittore e scultore in legno, e proprio lui le diede preziosi consigli prima degli studi alla locale Accademia di Belle Arti. Un imprinting classico, pittura figurativa, nature morte e paesaggi dipinti per gli amici, tra una lezione e l’altra per diventare istruttrice di fitness a Milano, poi la frequentazione di un corso di immersione subacquea alla Canottieri Olona, e l’ottenimento, all’isola di Ponza, del brevetto da istruttrice che ha completato il suo percorso di formazione.

«Non ho mai abbandonato la pittura, ma non riuscivo a trovare il mio tema, quello con il quale sposare per intero la mia creatività. Arrivata a Sharm el-Sheikh ho capito che il mare era già dentro di me, potevo incominciare a dipingerlo», dice Margot, che così firma i suoi quadri.

La percezione innata per il colore, al di là della tecnica affinata con lo studio, le permette presto di far sua la particolare luce del Mar Rosso, la trasparenza dell’acqua, di osservare da vicino le migliaia di esseri viventi che la popolano, e di trarne immediata ispirazione, prima mantenendo una linea figurativa, quindi privilegiando il movimento con l’astrazione e le macchie di colore.

La tecnica è originale: gli smalti industriali sono mescolati e spruzzati sulla tela con siringhe di varie dimensioni usate come pennelli, la lavorazione è lunga è complessa, a più strati di colore. Ogni strato deve asciugare per lungo tempo, altrimenti le tinte si mescolano, per completare un’opera Margot impiega anche un mese, lavorando un paio d’ore al giorno.

«Nei miei quadri desidero soprattutto restituire un’idea del moto perenne del mare e del suo continuo mutare di forma e colore. In due anni, dacché lo dipingo, mi sono evoluta giorno dopo giorno, mano a mano lo conoscevo più nel profondo».

Con questo postulato la pittrice russa mette sulla tela il balzo della megattera fuori dall’acqua tra i due blu del mare e del cielo, il gioco dei delfini tra le onde, la danza sospesa delle meduse, la forma primordiale dei nautilus, le sagome appuntite dei marlin e quelle minacciose dei barracuda, ma anche la misteriosa sirena, mutuata dai free divers dalla coda di silicone, o il mostro marino dalle fauci spalancate, bianco in un oceano scuro che tutto fa vorticare.

Negli ultimi quadri, l’astrazione si fa più forte e l’osservatore fa i conti con il nocciolo dell’idea fondante, una sagoma marina, l’impronta di una conchiglia, il riflesso del sole tra le onde, e accanto alle forme archetipiche del mare appaiono come dietro le quinte citazioni di simboli orientali, di antiche religioni e pratiche esoteriche.

Il fascino della scoperta, che giorno dopo giorno muove la volontà di Margot di migliorare e migliorarsi imparando dal millenario insegnamento della Natura e dall’essere sola con sé stessa a venti metri di profondità, circondata dal silenzio e da una vita diversa da quella di noi umani.

«Il mare non ha paese nemmen lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là dove nasce e muore il sole», ha scritto Giovanni Verga in una pagina del suo capolavoro, “I Malavoglia”. Margarita sa ascoltare il rumore delle onde e osservare, perché il mare, come asseriva Sciascia, «non ubriaca; si impadronisce dei pensieri, suscita antica saggezza», e dunque lo si può avere come amico e dialogare, non soltanto per condividerne i segreti.

Perciò i quadri firmati Margot sono ideali conchiglie che i flutti ci hanno regalato e possiamo “leggere” secondo il nostro stato d’animo, filtrandone l’energia del mare e della luce imprigionata nelle acque e nel cielo, e lavorando su noi stessi per migliorarci e diventare più saggi.

 

Mario Chiodetti